L’ACCIAIO SAGOMATO A FREDDO E LA COSTRUZIONE DELL’ABITAZIONE DI MASSA
The mass housing revolution that never was. Con questo titolo la versione web CNN Style (1) introduce Jean Prouvè, maestro della rivoluzione nell’abitazione di massa.
La rivoluzione di Prouvè (2), tra gli anni ’30 e fino agli anni ’50 del secolo scorso, è una straordinaria ricerca sulla casa prefabbricata in acciaio: una concezione etica della forma, applicata all’abitazione di massa, in cui termini come produzione in serie (ogni edificio è concepito come prototipo ripetibile), flessibilità d’uso, trasformabilità (senza demolizione), smontabilità/reversibilità, vengono associati per la prima volta all’architettura.
Una ricerca infranta contro ‘lo strapotere del cemento armato’, (materiale patriottico) e la prefabbricazione pesante, riconducibile a scelte politiche che analogamente a quanto avverrà nel nostro paese all’indomani del secondo conflitto mondiale con il Piano Fanfani (3), privilegiano l’occupazione operaia sull’innovazione.
Oggi, l’evoluzione dell’acciaio formato a freddo, discendente degli studi avanzatissimi di Prouvè, si chiama Cold Formed Steel, una tecnologia innovativa impiegata per la produzione e messa in opera di telai leggeri (Light Steel Frame) spessi poco più di un millimetro, per la costruzione della struttura primaria/secondaria di edifici basati sul sistema S/R (struttura/rivestimento) paradigma della costruzione stratificata a Secco (4). Una tecnologia correntemente in uso da molti anni nei paesi in cui l’acciaio ha una tradizione costruttiva consolidata, come Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia, che con colpevole ritardo si sta diffondendo anche nel nostro paese, grazie ad alcune aziende che stanno investendo in ricerca e innovazione (5).
Un declinazione dell’acciaio, che parallelamente alla connotazione high-tech di molte architetture realizzate negli ultimi anni basata sull’esaltazione formalista del dettaglio meccanico, dimostra la possibilità di un impiego diffuso, in una prospettiva low-cost (6).
E’ importante sottolineare (seguendo la traccia del documento della CNN) che la rivoluzione (mancata) di Prouvè è molto lontana dal carattere di utopia di certe avanguardie storiche. Ed anzi: quasi in opposizione a certa avanguardia formalista (anti costruttiva) modernista (celebre il commento di Prouvè sulle celebri sedute in tubi d’acciaio di Breuer: ”sono solo vermicelli”) è da intendere, nel senso più profondo, come una risposta (possibile) di una cultura (progettuale) che acquisisce/innova le tecniche (l’industria delle costruzioni) per rispondere a istanze, vincoli e necessità, storicamente determinate (contesto economico-sociale/domanda di abitazioni).
Questa considerazione vuole aprire ad alcune riflessioni/ interrogativi riferiti al nostro presente.
Dopo l’ondata post modernista, decostruttivista e soprattutto dopo la crisi (non solo economica) dell’architettura-spettacolo al passaggio del secolo, Global style che traduce in architettura la pasoliniana omologazione, è possibile ricomporre una concezione del progetto come processo di conoscenza rispetto al contesto economico-materiale (vincoli, risorse, obiettivi) in grado di condurre la disciplina della forma (architettura) entro un (nuovo) principio di responsabilità?
Ovvero, l’innovazione dei processi produttivi e costruttivi indotta dalla cosiddetta rivoluzione digitale è solo un artificio per la realizzazione di forme complesse (free form), le cui ragioni risiedono entro la propria autonomia formale, oppure l’innovazione dell’industria delle costruzioni può determinare una progettazione cosciente di costi-benefici, risorse e qualità formali?
Prouvè mette in atto un processus du travail che dal disegno arriva al prototipo ed infine alla serie. Dopo continui perfezionamenti (talmente sperimentali da essere sottoposti a brevetto), ritornando più volte al tavolo da disegno e in officina, la lamiera d’acciaio in rotoli, prodotto dell’industria siderurgica di quattro metri di larghezza e di spessore variabile da 10 a 25/10°, viene saldata, piegata, imbutita, punzonata, aggraffata, bullonata, per diventare pilastri, travi, shed, pareti, scale, finestre, pannelli e infine case. Una serie limitata su piccola scala, che oggi si chiamerebbe mass customization.
Oggi un tale processus du travail ‘integrato’, coincide con la metodologia BIM (7) (Building Information Modeling), tra produzione e gestione del manufatto architettonico: grazie all’evoluzione dei software, appare sempre più praticabile l’interoperabilità tra le fasi e le figure specialistiche afferenti, finalizzata ad un dialogo stringente tra concezione, progettazione, produzione e costruzione dell’edificio e tra gestione, rigenerazione o demolizione/smontaggio, al termine del ciclo di vita.
In questo senso appare estremamente rilevante come la produzione industriale sia sempre meno standardizzata (produzione a catalogo) e sempre più personalizzata (mass customization) grazie all’impiego di macchine a controllo numerico, secondo processi CAD/CAM in continua evoluzione, a partire da un file generato nello studio dell’architetto (file to factory) (8).
E’ evidente come l’innovazione connessa alla tecnologia dei materiali e ai software di gestione e calcolo, devano essere recepite per far interagire le energie più qualificate del paese, università, progettisti e imprese, mosse da strategie politiche e economiche all’insegna di un “nuovo realismo”(9), per innescare una quanto ormai ineluttabile evoluzione dell’industria delle costruzioni, (ri)connettendo ricerca, progetto e costruzione.
Infine. Mi domando se ha ancora senso il persistere di una Università richiusa in se stessa, separata e distinta dalla realtà; di microstudi di architettura col piombo sulle ali (10); di ‘impresari’ che agiscono come negli anni ’50-‘60 (in ben altro contesto economico e sociale!) mentre c’è bisogno di ‘imprenditori’ che acquisiscano tecniche per rigenerare/costruire le case in cui abitiamo.
Coniugare l’innovazione dei sistemi costruttivi (CFS) e dei processi di produzione e gestione dei manufatti architettonici (BIM), costituisce una opportunità di sviluppo straordinaria per il settore delle costruzioni, culturale prima che tecnica, da cogliere per università, architetti, industria e imprese. The mass housing revolution is now!
di Diego De Nardi
[pubblicato in AAA n°65/2016]
(1) By Fiona Sinclair Scott, CNN, and Sophie Eastaugh, for CNN http://edition.cnn.com/2016/06/13/architecture/jean-prouve-pre-fab-housing.
(2) Su Prouvè si vedano in particolare D. De Nardi, Jean Prouvè, Idee costruttive, Torino 2001; D. De Nardi, Jean Prouvè. Il faut des maisons usinées. Le baraques in acciaio di Jean Prouvé (1901-1984) in AAA N°19/2004.
(3) Per una compiuta analisi delle politiche abitative connesse al Piano Fanfani (1949) si veda P. Di Biagi (a cura di), La Grande ricostruzione. Il Piano Ina-Casa e l’Italia degli anni cinquanta, Roma 2001.
(4) Sulla costruzione a secco si vedano M. Imperadori, La costruzione stratificata a secco, Modulo, n° 273/2001, Milano 2001; M. Imperadori, La meccanica dell’architettura, Milano 2010; Materia n°37/2002; Arketipo 3/2010. Si veda inoltre D. De Nardi, Per una figuratività delle tecniche. Tre paradigmi della costruzione a secco, in AAA n°57/2014.
(5) Mi riferisco in particolare alla Cogi S.p.A, che ha finanziato un progetto di ricerca con l’università di Trento per la verifica dell’efficienza energetica e strutturale del sistema CFS brevettato. La Cogi sta inoltre promuovendo una partnership con il gruppo PrefArch – Prefabrication Architecture (www.prefarch.it) per lo sviluppo di modelli e prototipi architettonici.
(6)Su questi tei si veda in particolare G. Morabito, R. Bianchi, La decrescita prosperosa dell’edificio, Roma 2010.
(7) “il BIM non è né una cosa né un tipo di software, ma è un’attività umana che coinvolge, in ultima analisi, ampie modifiche dei processi nel settore delle costruzioni.” In C. Eastman, P. Teicholz, R. Saks, K. Liston, in Il BIM trad. it. a cura di G. M. Di Giuda e V. Villa, Milano 2016.
(8) Sulla relazione tra architettura e produzione digitale si vedano in particolare: C. Abel, Architecture Technology and Process, Londra 2004; B. Kolarevic, Architecture in the Digital Age: Design and Manufacturing, Londra 2003.
(9) Uso nuovo realismo nell’accezione data da Maurizio Ferraris, quale presa d’atto di un cambio di stagione, dopo l’esperienza storica dei populismi mediatici, delle guerre post 11 settembre e della recente crisi economica, e delle grandi sfide, etiche e politiche che sono di fronte a noi. Cfr. M. Ferraris, Nuovo realismo, Milano 2015.
(10) Cfr. V. Gregotti, Il piombo sulle ali, Casabella n.607/93